Quando ti accorgi di provare un qualche tipo di disagio o sofferenza e quando queste interferiscono su una o più aree della tua vita (lavoro, relazioni, famiglia, tempo libero, ecc.).
La terapia è consigliata quando, riferendosi alla tua sofferenza/difficoltà: Pensarci o gestirla ti tiene occupato/a più di un’ora al giorno.
Ti causa imbarazzo o ti porta ad evitare gli altri.
Ha comportato un abbassamento della tua qualità di vita.
Ha avuto un effetto negativo su scuola, lavoro o relazioni.
Hai modificato il tuo stile di vita o sviluppato delle abitudini negative per farvi fronte.
Un colloquio dura in media tra i 50 e i 60 minuti.
La durata ha un certo grado di flessibilità, si tiene conto delle esigenze di terapeuta, paziente e della stessa terapia. Per esempio, nella prima fase di valutazione alcuni incontri possono anche avere una durata maggiore.
La frequenza degli incontri viene definita di comune accordo tra terapeuta e paziente in base agli obiettivi, alla fase di terapia e alle esigenze di entrambi.
Almeno inizialmente e durante la fase centrale di terapia, gli incontri si svolgono una volta a settimana.
Dipende dal tipo di intervento (es: individuale, di coppia, di gruppo), così come dalla fase di terapia (es: valutazione, consulenza, terapia).
Durante il primo colloquio lo psicologo vi darà tutte le informazioni riguardanti i costi a seconda del bisogno presentato.
È importante ricordare che il lavoro dello psicologo non si limita all’ora frontale del colloquio o intervento, ma prevede del tempo, prima e dopo l’incontro, per la formazione e preparazione all’incontro stesso.
Lo psichiatra è un medico con specializzazione in psichiatria, si occupa quindi di salute mentale utilizzando anche la terapia farmacologica.
Lo psicologo è un professionista con una laurea quinquennale in psicologia, iscritto al relativo ordine regionale. Si occupa principalmente di prevenzione, diagnosi, sostegno, interventi di promozione e abilitazione-riabilitazione in ambito psicologico.
Lo psicoterapeuta è uno psicologo con un’ulteriore formazione specialistica quadriennale in psicoterapia. Svolge l’attività di psicologo con l’ulteriore abilitazione a svolgere psicoterapia, è formato e possiede dunque gli strumenti per lavorare su sintomi specifici e/o patologie psicologiche.
Psicologo e psicoterapeuta non possono prescrivere farmaci.
Premessa: la scelta che prendiamo non è mai definitiva, e può essere rivalutata in qualsiasi momento.
Tra i vari aspetti che si possono considerare ci sono la formazione, l’approccio teorico utilizzato (ce ne sono diversi in psicoterapia) e i target di intervento specifici (es: adulti o minori, se un terapeuta è specializzato in un disturbo o un altro).
Chiedere pareri alle persone che si sono già rivolte ad uno psicologo, può aiutare nella scelta.
Un minimo di soggettività nella scelta può effettivamente essere legata anche alla prima impressione, che può emergere alla sola vista della fotografia del terapeuta.
Una buona terapia è infine basata su una buona relazione terapeutica ed ogni terapeuta, proprio come ogni paziente, è un individuo con le proprie caratteristiche e il proprio stile, porta quindi in terapia anche il proprio modo di essere o fare che ad alcuni può piacere e ad altri meno. Di quest’ultimo aspetto se ne può avere un assaggio durante il primo colloquio.
ogni percorso psicologico o psicoterapeutico costituisce di fatto un contesto di relazione tra due o più persone. Trovarsi bene con il proprio terapeuta non è quindi scontato.
La professionalità dei terapeuti dovrebbe minimizzare l’eventualità di instaurare una relazione poco funzionale, ma può comunque capitare.
In terapia si portano inoltre caratteristiche soggettive sia del terapeuta che del paziente, che vanno oltre alla professionalità.
Se non ci si trova bene con il proprio terapeuta si può parlarne con lei/lui e decidere insieme se c’è qualcosa da cambiare all’interno della terapia o se non sia meglio cambiare terapeuta, o generalmente aprire alla possibilità di rivolgersi ad un altro professionista.
Primo colloqui: psicologo e paziente si conoscono e cercano insieme di definire quale sia la difficoltà presente e quali potrebbero essere le priorità di intervento.
Valutazione/Consulenza: si utilizza il colloquio psicologico e alcuni test psicodiagnostici per definire maggiormente la storia, i sintomi e il funzionamento della persona.
Condivisione: I dati e le informazioni raccolte vengono quindi condivise con il paziente ed insieme si decide un primo obiettivo di terapia sul quale si lavora.
Terapia: si lavora assieme fino alla sua risoluzione dell’obiettivo concordato o fino a quando il paziente non percepisce un miglioramento significativo in quell’area.
Conclusione: di comune accordo si decide di concludere la terapia o di continuare dandosi un nuovo obiettivo terapeutico principale.
si intende l’obbligo da parte di un professionista di non rivelare le informazioni cui viene a conoscenza in ambito lavorativo.
Vale per le attività di terapia sia individuale che di gruppo.
Per gli psicologi, questa norma è regolamentata dal Codice Deontologico degli Psicologi, in particolare negli articoli 11,12,13 e 14.
Lo psicologo può derogare all’obbligo di riservatezza solamente in specifiche circostanze, come per esempio previo consenso del paziente, o nel caso in cui si prospettassero gravi pericoli per la vita della persona stessa o di terzi (articoli 12 e 13).
Codice deontologico degli psicologi. https://www.psy.it/codice-deontologico-degli-psicologi-italiani
Essendo noi uomini animali sociali, potremmo dire che siamo un pò tutti esperti di relazioni.
Impariamo crescendo la “psicologia del senso comune”, la capacità cioè di ascoltare gli altri, empatizzare, spiegare le loro intenzioni e dare consigli; quello che si fa e si farebbe con un amico/a.
Per aiutare e sostenere psicologicamente chi sta soffrendo di un disagio psicologico le comuni capacità di ascolto ed empatia non bastano.
A differenze di un’amica/o, la psicologa/o però:
durante gli anni di formazione impara in maniera approfondita le caratteristiche di ogni disagio psicologico e ciò che è meglio fare per ognuno di questi;
impara ad instaurare una relazione terapeutica, che è diversa da una relazione di amicizia;
in una relazione terapeutica impara a vedere e a mostrare il problema da un punto di vista più oggettivo ed esterno, a validare e gestire le emozioni dell’altro senza reagire ad esse in maniera disfunzionale;
non dà consigli ma guida il paziente in una risoluzione dei problemi che sia il più soggettiva ed autonoma possibile.
Quindi no, “purtroppo” non siamo tutti un po’ psicologi!